#DailyHaiku
Quante lingue
Afferro con le dita
Senza parole
Livietta stanca, chiede di tornare a casa |
Vabbé la faccio semplice. Una lingua è una struttura complessa che permette di comunicare, di un lessico abbastanza ampio e articolato in grado di esprimere concetti concreti e astratti, dotata di una grammatica, sintassi, di regole che si ripetono sempre (o quasi) uguali a se stesse, che cambia nel tempo, negli spazi e nei significati.
E per qualcuno sarà anche strano sentirsi dire che le lingue non scritte (tecnicamente"orali") sono decisamente più numerose di quelle anche scritte. Capita così che sono lingue a tutti gli effetti quelle che invece del canale uditivo utilizzano quello visuale. Ossia prendono le parole per le mani e così si esprimono con segni (non gesti, questi sono movimenti che accompagno un enunciato, i segni sono selezionati, codificati, autonomi nel significato).
Esistono lingue di segni ovunque esista una comunità sorda (in pratica, ovunque), l'Unione europea calcola che ci siano almeno 500.000 persone che si esprimano con una lingua dei segni e per questo spinge per conferire loro uno status ufficiale. E in realtà quasi dappertutto in Europa le singole lingue dei segni sono riconosciute, all'appello mancano Malta, Lussemburgo e Italia.
Qui da noi il mancato riconoscimento ha dei tratti paradossali e consueti. Paradossali perché nel paese più gesticolatore al mondo, è forte il radicamento (scaturito da un convegno farsa del 1880 svolto a Milano), che "il segno uccide la parola" e di conseguenza impedisce un adeguato sviluppo intellettuale (andate a dirlo a Napoli). Consueto in un paese più abituato alle contrapposizioni, al mito dell'un contro l'altro armati (Guelfi vs Ghibelllini, Bartali vs Coppi, Juve vs Inter, DC vs PCI, libro cartaceo vs ebook e via dicendo) che il concetto di Win-Win appare incomprensibile.
Al punto che una buona legge (ahimè solo regionale) che introduce il riconoscimento della Lingua dei Segni Italiana, estende lo screening neonatale a tutto il sistema sanitario del Lazio (finora era sperimentale, discrezionale, ampiamente a macchia di leopardo), che introduce organicamente un supporto nei servizi educativi di prima infanzia "nel rispetto dei principi di libertà di scelta e di non discriminazione" - nei servizi educativi di prima infanzia, appare per molti inaccettabile. Liberticida.
Come se il Tedesco in Alto Adige dovesse inibire la sana crescita di cittadini italiani nella provincia di Bolzano.
Ma c'è un principio, un solo principio da ricordare: la comunicazione aiuta la comunicazione. Apprendere un lingua permette di acquisire altre lingue. Acquisire due lingue apre la mente e consente di apprenderne altre più facilmente. Abbatte i pregiudizi e forma le persone al rispetto.
Abbiamo davvero paura di questo?