martedì 29 ottobre 2013

Good bye Lou, arrivederci Gigi

Nel giorno della Leopolda, della nona romana, dell'ennesimo e noioso penultimatum al governo non si ricorda più da parte di chi, si offuscano due morti che chiudono una bella parte del mio vissuto giovanile. Fatto curioso, entrambi si chiamavano Luigi, ognuno nella sua lingua.
Un bel regista, forse solo italiano, ma grande narratore, Luigi Magni, l'altro un gigante del rock, fragile e potente, Lou Reed.
lou & luigi

A dirla tutta mi rode un bel po' come non sia stato adeguatamente omaggiato su giornali, social network, ecc. Luigi Magni, anche se Lou Reed mi ha molto significato ben oltre il liceo.
Luigi Magni ha creato il mio personalissimo mito fondativo della nazione Italia. Se mi ricordavo all'ora di storia che Ciceruacchio si fosse chiamato Angelo Brunetti, che gli ultimi giustiziati dallo Stato Pontificio siano stati Monti e Tognetti nell'ora ameno crocevia di via dei Cerchi (in pratica a ridosso della Bocca della Verità, per i romani Santa Maria in Cosmedin), che la targa poco letta e ancor meno leggibile a Piazza del Popolo di fronte alla chiesa Santa Maria del Popolo (step 2 di Angeli e Demoni di Dan Brown) sia per i due carbonari Angelo Targhini e Leonida Montanari che Mastro Titta (er bona de Roma) e la Santa Sede fecero serenamente fuori, di quanto fu gloriosa la Repubblica Romana con la sua magnifica costituzione ancor oggi moderna e modello di principi e valori, ben prima dei libri e delle ricerche che avrei fatto successivamente lo devo a quel magnifico marxista.
Detto questo Lou Reed non può essere sbrigativamente liquidato con un mi-piace sullo scontato R.I.P: certo se il tuo (generico, nessuno si offenda) panorama musicale è limitato ai jingle della pubblicità, beh Lou Reed è solo quella canzone che fa du-du-dun-dudun-du (per inciso: Walk on the Wild Side). Per altri è epica.

Detto questo, good bye Lou, arrivederci Gigi.

martedì 15 ottobre 2013

Memoria bruciata

Sia ben chiaro, sono colpevole anche io.
Lago di Tovel - Il più classico degli scorci alpini - the Classic alpine view
Lago di Tovel e Massccio del Brenta
A meno di un anno dall'anniversario dell'inutile strage (copyright Benedetto XV) non trovo nessuno intorno a me che si ricordi le vicende della Grande Guerra. Neanche chi per passione vacanziera e piacevolezza mondana abbia passato le vacanze estive in TrentinoAltoAdige senza neanche un trattino distintivo.
Al massimo capita di sentire qualcuno che ha "scoperto" un sentiero di trincee, un forte, un camminamento, non si sa bene di quale battaglia o fronte. Scoperto... Come se fossero passati mille e passa anni. Eppure a scuola insegnavano che la guerra fu fatta sulle frontiere, che per la prima volta furono coinvolte le popolazioni civili, che i soldati (importa poco di quale parte) combatterono letteralmente sulle montagne. Niente. Rimozione totale, schizofrenia allo stato puro... Allora ecco che si formano scenette terribili e involonariamente comiche, dialoghi al limite tra assurdo e ignoranza.
Ecco un ipotetico (?) di dialogo: "Sei stato sul parco dell'Adamello Brenta, ma allora hai visto le trincee?" Possono seguire più risposte, talvolta sono collegate in unica risposta
"Mmh... Non ci ho fatto caso"
"Ma noo, mica potevano combattere lì"
"A me la storia annoia"
"Ah sì? È che guerra?"
"Ma chi glielo ha fatto fare!"
Non sia mai chiedere poi degli anni, l'arco temporale della guerra (e non che della seconda se ne mantenga un ricordo migliore con i pasticci e volute confusioni italico-badogliane).
Posto che per tutti termini nel 1918, l'inizio lascia basiti ("1914? Ma no ti sbagli è 15-18!"). Potrei andare avanti, ma non mi va.

Anzi, un'ultima cosa la voglio dire: Paolo Rumiz, L’albero tra le trincee. Costa solo € 7,90, lo trovate anche in edicola e se volete non serve neanche leggerlo, tanto il Dvd parla da solo.