venerdì 7 novembre 2008

La repubblica degli imbecilli

Leggo da una notizia di agenzia che in 3 giorni Obama ha contattato personalmente nove leader mondiali. Per entrare nei particolari per ringraziare delle felicitazioni dell'avvenuta elezione sono stati chiamati il cancelliere tedesco Angela Merkel, il presidente francese Nicolas Sarkozy e il premier britannico Gordon Brown, il primo ministro australiano Kevin Rudd, il canadese Stephen Harper, l'israeliano Ehud Olmert, il giapponese Taro Aso, il presidente della Corea del Sud Lee Myung-bak e quello del Messico Felipe Calderon.

Come si evince manca all'appello il presidente russo Dmitri Medvedev.

Mi piace pensare che non sia stato chiamato per evitare l'imbarazzo di parlare anche con il presidente del consiglio Silvo Berlusconi,grazie al quale la nazione è stata prontamente ribattezzata, vista l'indignazione e l'imbarazzo creato a 56 milioni di persone.Niente paura, monete e carta intestata restano la stessa, l'acronimo è sempre R.I. ma non signifiva più Repubblica Italiana, bensì Repubblica degli Imbecilli. Non solo! Con una mossa ad effetto il nostro Presidente del Consiglio è riuscito anche a risolvere l'annoso problema della scarsa produttività delle Università italiane, laurendoci tutti ipso facto in coglioneria.

Chi osa pensare che quest'uomo non sia un genio, è intelligente, ergo molto poco nazionalista e italiano.

mercoledì 5 novembre 2008

Il nuovo mondo da oggi è un mondo nuovo

Al volo, prima di andare a dormire. Ormai le incertezze sono solo puramente statistiche.
Barack Obama è il nuovo presidente degli Stati Uniti d'America.
Il lavoro sporco lo lascierà al suo vice, Biden. Lui sarà l'uomo copertina di una nuova fase: l'economia, si sa, con l'avvento dei nuovi presidenti Usa riprende a volare, ma lui porterà un ottimismo e un'umanità maggiore, chissà magari riuscirà a far accettare a qualche benestante democratico del New Jersey o a qualche agricoltore del Nebraska qualche tavoletta di cioccolata Equa e Solidale.
Impressiona che abbia solo 47 anni , in Italia saresti alternativamente:
  1. un giovane virgulto mezzo galoppino che studia per diventare ministro senza portafoglio a 60 anni (a meno di non essere donna, selezionata per il tuo talento, possibilmente fotogenico, adatta per pettegolezzi più o meno istituzionali);
  2. un vecchio precario ormai inutilizzabile per essere considerato forza lavoro attiva.

    È una follia, un'illusione fallace, lo so. Ma spero che Obama porti un po' di Europa in America, quel pizzico di saggezza e riflessione che solo chi è giovane lo riconosce come un valore di progresso. E mi auguro pure che porti un po' di America in Europa, la parte migliore, quella che sa rialzarsi senza piangersi addosso, che sa raccontare storie e che non ha paura di votare un giovane o un vecchio, un bianco un nero o un ispanico perché ha sempre il coraggio di voltare pagina e ricominciare di nuovo a volare.
Controcorrente alternata saluta felice Barack Obama nuovo presidente degli Stati Uniti d'America

lunedì 3 novembre 2008

Piccoli Kossiga krescono

Non sono mai stato un estremista, né un complottista a tutti i costi.
Le verità fattuali mi hanno sempre convinto più delle ricostruzioni intrigate e complicate che vedevano disgni globali e incontrollabili, segrete ai più rivelate com verità di fede ad altri.
E ai fatti tutt'ora mi attengo.

Piazza Navona, manifestazione affollata, variopinta (in cromatismi e tendenze politiche). Giovani, giovanissimi, adulti e qualche anziano.
Da questo pulmino bianco sono partiti gli assalti a Piazza Navona: i segni e l'abbigliamento indicano come la componente sia di estrazione destrorsa. Fonte: La Repubblica
Slogan pieni di rabbia e incomprensione per le scellerate scelte del governo, ma la violenza non travalica il verbale. D'un tratto qualcosa di strano si muove tra la folla assiepata, un pulmino bianco. Un megafono e poi il panico, assalti ben organizzati, raid e cintate. Obiettivo, chiunque non fosse vestito di nero. Ritorno della calma, ma con il terrore negli occhi di molti, la polizia non interviene. Secondo assalto, le forze dell'ordine immobili. Arriva una parte del corte degli universitari, si forma un cordone sanitario dei collettivi di sinistra, terzo assalto. Interviene la polizia e carica. I neoarrivati.

Altri fatti. In un intervista ad un giornale non certo rosso, Cossiga candidamente ricordava come ha messo alle corde nel 1978 il movimento studentesco: lasciarlo crescere, inserire agitatori ben formati con l'obiettivo di creare tensione e quindi, in nome dell'ordine sociale, picchiare picchiare picchiare. Magari non troppo gli anziani professori, ma le giovani maestrini sì. E per prime.

Roberto Maroni e il sottosegretario Nitto Palma non sono sprovveduti come Scajola e non faranno scappare il morto, hanno fatto esperienza di quanto accaduto a Genova, ben sanno che sarebbe l'unico modo per perdere la partita. Ma sono anche sufficientemente sprovveduti da seguire alla lettera le parole del grande maestro. E commettere, talvolta ripetere alcuni errori.
Il camioncino bianco (e il racconto dei fatti ci riporta ad un altro furgone dello stesso colore, da cui uscirono mazze e black block) dentro la piazza è clamoroso, imbarazzante e impietosamente immortalato.
Probabilmente hanno saltato la lezione "Differenze di stili di vita e mezzi di telecomunicazione privata: dagli anni '70 a oggi". All'epoca del ministro K grasso che colava una foto in bianco e nero sgranata, le testimonianze potevano essere ridotte al silenzio o all'oblio. Adesso no, è un trionfo di immagini, riprese, sonori; se al fatidico G8 erano tante ma non sufficienti per ricostruire completamente la sequenza dei fatti, oggi non c'è scampo. Raccontano tutto, chi ha attaccato, chi è stato protetto, chi era si era organizzato da tempo per compiere il misfatto.

Non è un caso l'aggressione alla redazione di "Chi l'ha visto?" e le minacce alla Sciarelli ed il suo staff. Cercano di intimare il silenzio, in modo selvaggio e vigliacco: hanno paura e cominciano a sbagliare, fanno il lavoro sporco. Sono i primi segnali del declino.

Piccoli Kossiga krescono. Non ne sentivamo il bisogno.

venerdì 24 ottobre 2008

Uomini duri e cuori afflitti

Una giornata, una giornata per riprendermi dalle risate.
Sulla morte delle persone non si dovrebbe mai scherzare, se non altro per il rispetto di chi rimanendo soffre. Ma il link mentale, il pizzico di cinismo, il gusto dell'ironia e anche il leggero astio verso la persona e ciò che rappresentava (anche in Italia) hanno avuto il sopravvento.

I fatti
Fotogramma tratto da The Blues Brothers (1980)
Un bel signore dagli occhi chiari,leader di un movimento dichiaratamente di destra,chiuso in una macchina che viaggia a folle velocità subisce un incidente e si sente dire da un ragazzo a lui affiliato: "Ti ho sempre amato".



Le interpretazioni (1)
Joerg Haider, governatore della Carinzia e presidente della Bzoe, formazione ultranazionalistica e xenofoba, di ritorno da un locale si schianta con la sua macchina contro un albero in un incidente provocato da eccesso di velocità ed alcool nel sangue. A pochi giorni dal decesso, il suo delfino e successore designato, tal Stefan Petzner dichiara a una radio locale: "E' stato l'uomo della mia vita". E non solo in senso ideale.
Le interpretazioni (2)
Il presidente del "Partito Socialista Americano dei Bianchi", formazione ultranazionalistica e xenofoba dell'Illinos, si schianta in un incidente provocato da eccesso di velocità e scarsa lucidità mentale durante un inseguimento. Durante gli attimi interminabili del volo, il suo delfino e successore designato gli dichiara: "Ti ho sempre amato". E non solo in senso ideale.

Le conclusioni
La morte di un uomo spesso permette di rileggere in tutta altra luce la sua vita e le sue azioni: ne mette in mostra il lato più vero ed emblematico, per questo i morenti saggi si preparano per tempo le ultime parole da dire o da tramandare o da dire che abbiano detto.
Per Haider è stato fatto di più, il finale della sua vita è stato anticipato dai "The Blues Brothers - Il film". Proprio in quel finale tragicomico in cui si palesa in tutta la loro evidenza l'essenza di questi personaggi.
Piccoli uomini che cercano di fare la voce grossa ritrovandosi solo ad essere ridicole, pericolose macchiette.

giovedì 23 ottobre 2008

Le strade della politica

Non sono sicuro di molte cose in questo periodo. Non sono sicuro di credere alla mia fazione politica, non sono sicuro delle mie intuizioni finanziare, non sono sicuro che la Roma vedrà la fine del tunnel prima del prossimo anno.

Appia - Regina Viarum
Non sono sicuro poi delle intelligenze collettive, ma non sono sicuro neanche che la gente sia tutta folle, non sono sicuro di attraversare la stazione Termini senza sentire un brivido di malavita che mi scorra addosso, non sono sicuro che le mie mancate disavventure siano solo un percentile statistico dalla parte fortunata della curva proposta dall'attuale governo.

Di alcune cose però inzio ad essere certo, sono poche e spesso messe a dura prova dalle presunte evidenze e i celebri stati di fatto. Una di esse è che la politica è anche una via maestra, ma non nel senso di percorso che conduce alla realizzazione di  grandi ideali (mai creduto, sorry!). In un altro più banale senso, quello civico e concreto, di una strada in cui esistono (eufemismo...) dei marciapiedi stretti, in cui la sede stradale è stretta e a dorso di mulo, con il traffico a doppio senso, a cui lati ci sono portincini di case private e ingressi di scuole materne ed elementari.
Una strada sempre trafficata dove, come spesso accade, i limiti di velocità sono pannelli dal discutibile design e le cifre riportate un vetusto retaggio di valori posti a caso; sicuramente  fuori moda,  giuste solo per ricordare che Marinetti e il futurismo alla fine l'hanno avuta vinta.

Oppure di un'altra strada, parallela ad essa, chiusa al traffico, più ampia, costeggiata solo da lussuosi condomini e villini con posti macchina o garage interni, silenziosa, dotata di dossi antivelocità tali da non permettere ad alcuno di procedere più veloce del passo incerto di un decrepito parroco di paese che inizi la sua processione in strade erte e accidentate. 

Una accanto all'altra. L'una che chiede aiuto all'altra. L'una contro l'altra. Non si entra in merito di ideologie politiche, da una parte e daltrl'altra ci sono frammischiati ricchi e indigenti, nativi e immigrati, truffatori e truffati, attivisti di centro e riflessivi di sinistra, anarchici pragmatisti e liberisti utopici, melanconici pentapartitici e nostalgici azionisti.

Coacervi, quasi ircocervi, il bertinottiano con il fez al braccio, il fascio con falce e martello in mano, tutti contro tutti per definire quello che la politica è e che non dovrebbe essere.
Una strada dove le persone non debbano rischiare per compiere gesti quotidiani e normali, in cui tutti gli abitanti di un quartiere si sacrificano un poco per il bene di tutti e non solo sacrificare tutti per il bene di pochi (bancari o avventati imprenditori al finto soccorso di una compagnia aerea).

La politica si fa per strada, anche marciando uniti, perché i bambini di Via San Tarcisio sono patrimonio anche delle ovattate sale di Via al Quarto Miglio.
 

mercoledì 24 settembre 2008

Luoghi nuovi e vecchi schemi

Esistono luoghi giusti per fare politica? Può sembrare una domanda inutile per diversi i motivi e anche contrapposti: il personale è politico e in ogni luogo mi trovi mi esprimo politicamente.
Oppure la politica ha i suoi ambiti che non ci toccano se non quando siamo in cabina elettorale.
Personalmente credo che la politica sia un momento di confronto e qualunque punto, situazione o strumento lo consenta sia il luogo giusto dove fare politica.

Confronto, dibattito, partecipazione, parole polverose eppure proprio dalla polvere talvolta le fenici risorgono, con altre sembianze, con altre valenze, con diverse forme.
Eppure, proprio quando il social network segna un clamoroso successo anche in Italia (otto milioni e passa di persone utilizzano strumenti di incontro, scambio, socializzazione di ogni tipologie e scopo) cosa succede a uno strumento che, nato per velocizzare le comunicazioni in un gruppo di volenterosi, si è trasformato in un nuovo incredibile luogo di confronto, vivo e vitale se non più, almeno pari alle riunioni di sezione?

Censura, restrizione e gogna a chi vuole essere presente soprattutto attraverso il GoogleGrups di turno alla partecipazione politica.
Si possono capire gli effetti di spiazzamento dovuti a una dimensione diversa a cui si è stati forgiati ("la sezione è vita e la vita è in sezione" ma è la parola stessa che ne denuncia tutta la sua menomazione e limitazione) e completamente inaspettata e quindi difficilmente governabile.
Ma non riuscire a comprendere come non sia il luogo ma l'interesse comune a rendere possibile una battaglia è desolante.
È il motivo per cui alcune parti politiche non riescono a dialogare con il mondo e essere rappresentative solo di minoranze sparute, dure, arcigne non perché pure ma perché innamorate della loro essere "orgogliosamente" di minoranza.
Per sputare veleno e sentenze sull'universo mondo che non conoscono.

Tanto per non essere melodrammatici, mi piace ricordare in merito a luoghi o momenti giusti una barzelletta cattolica (che per un'articolo rivolto a un gruppo di sinistra è una piacevole cattiveria).
Un gesuita e un prete sono richiamati all'ordine da un vescovo per alcune dichiarazioni inopportune espresse in pubblico; legge del contrappasso, un mese di silenzio in monastero di clausura. Passano i giorni e il prete è silentemente smanioso, alla fine si decide va dall'abate e chiede: "Padre, il silenzio è regola che non mi pesa, ma posso fumarmi una sola sigaretta mentre prego?" Stupefatto il monaco risponde: "No, figliuolo. Quando si prega si prega". Il prete sconsolato esce, mette piede al chiostro e vede il gesuita intento a fumarsi un meraviglioso sigaro. Sorpreso più che furente, scientemente decide di rompere il silenzio, si avvicina al gesuita ed esclama: "Ma come, esco proprio adesso dal colloquio con l'abate e mi ha negato anche un solo tiro di fumo e tu sei qui a fumarti un sigaro". Senza scomporsi il gesuita risponde: "Tu cosa gli hai chiesto?" e il prete di rimando: "Se potevo fumare mentre pregavo".
"Ecco l'errore... Io gli ho posto un quesito teologico: padre ma si può pregare mentre si fuma? E lui mi ha risposto che ogni momento è buono per pregare".


Meditate gente, meditate.

venerdì 19 settembre 2008

Perfide sorelle, maledetti fratelli, osceni cugini e razzismi di ritorno


Mi è ricapitato sotto mano un libro entrato in casa chissà come e chissà quando (ma non prima del 2000) dal titolo affascinante “Perfide Sorelle”. Non si tratta tuttavia di un avvincente giallo, ma di un ponderoso saggio di Bram DijkstraCopertina del libro 'Perfide Sorelle' nell'edizione Garzanti, attualmente fuori commercio. Non nesono sorpreso.
Non ne conosco altre opere, ignoro la sua prolifica (senza dubbio) produzione e se non fosse per il solito wikipedia (link di cui sopra) avrei faticato a trovare informazioni di inquadramento.
Quello che è interessante è come tra XIX e XX secolo, la borghesia (maschile) si scagliò contro chi le iniziava a sottrarre potere.
 Travisando Darwin, con l’ausilio d’argomenti pseudoscientifici, iniziò con il mito della donna vampiro. Un essere abietto dal volto diafano e scavato, corrotto e corruttore. 
Presto vennero altre “razze inferiori”: ebrei e omosessuali. Poi…
È una breve storia del razzismo strisciante nell’occidente. Un saggio affascinante che analizza uno degli aspetti della nascita del nazismo, ma non solo.
Ci metteva in guardia nel 1996: i piccoli razzismi possono trasformarsi sempre in tragedie.
Pochi lo hanno letto, ancor meno quelli che lo hanno ascoltato e oggi iniziano a  vedersi le conseguenze. 
Manca solo il ritorno dell'urlo bestiale che inneggi alla guerra sola igiene del mondo per dimostrare definitivamente non la veridicità delle ipotesi filosofiche di Giovan Battista Vico dei corsi e ricorsi storici, ma come l'uomo e la sua società siano disposte a non pensare piuttosto di rinunciare a distruggersi.

Post scriptum.
Ho appena scoperto che Vamp è anche Valorizzazione di materiali e prodotti di demolizione e, a ben pensare, è una chiosa perfetta a quanto appena detto, un segno provvidenziale di speranza. Per dirla col poeta cantore, "dai diamanti non nasce niente, dal letame nascono i fior". Ossia quando tutto è distrutto, come in un tragico puzzle qualche essere umano raccoglie, cura e ricrea quanto andato perso per mani folli ed assassine.

lunedì 15 settembre 2008

Tempi cupi, spazi angusti: la conferma

Si parla di coincidenze, causalità, sensazioni.
Passa qualche ora e cosa appare dal Censis?
Le nostre poco scientifiche sensazioni...
Leggere per capire, domandare per sapere.

Tempi cupi, spazi angusti

Sono sempre le sensazioni a guidarci nei fili della quotidianità. Sono elementi invisibili, ma modificano le nostre geografie interiori.
Possono essere preconcetti, cerchiamo una oggettività che pur essendo tale la rifuggiamo solo perché non appare giusto giudicare qualcuno che abbia pensieri, atteggiamenti, approcci diversi dal nostro metro di giudizio, dal nostro modo di interpretare le regole di buon senso.
Ma poi avviene che gli atomi si trasformano in molecole, le sensazioni tornano ad essere visioni non velate, la realtà triste come facevamo di tutto per non vederla.
E tra i tanti problemi che esistono, vivere in una città che inizia a rinunciare ad essere vitale, ad avere la voglia e l'orgoglio di essere capitale e cosmopolita, europea con vocazione vitale, accresce la tristezza e fa affrontare con un maggior peso e dolenza le difficoltà della vita.
Così l'Urbe torna ad essere Rometta, pallida immagine degli ultimi anni.

Torna a cedere il passo a Milano, Venezia, Pesaro e persino Torino abdicando prima ancora di salire al trono e abbandonando un nuovo modo di vivere un Festival del Cinema (affidato a cariatidi degne di onore ma che sanno di riallocazioni postume alla stregua di Papa Formoso).

Rinuncia ad essere il faro delle Notti Bianche dopo averle importate in Italia, lasciandosi sopravanzare nelle organizzazioni da città e cittadine; laddove Civitanova Marche e Avellino hanno il Comune a supportare ogni iniziativa, qui si demanda alla buona volonta di cittadini e munifici municipi.

Le iniziative per l'estate ridotte, a tal punto che si traducevano solo in bancarelle una dietro l'altra, con oggetti sempre uguali e le iniziative sempre meno di spessore sperse in questi bazar colorati a cielo aperto ma vuoti e alla fine noiosi, mentre le terrazze delle quadrighe veniva chiusa alle ore più belle per un maleaccorto e autolesionista sistema di risparmio se non imposto, certo non dissuaso.

Poi un progetto per riportare all'antico splendore uno dei panorami mozzafiato bloccato probabilmente per il solo fatto di essere il fiore all'occhiello di una giunta precedente, proponendo in alternativa l'allargamento di una delle strutture più brutte, scomode e inutilizzate della città.

Il prossimo colpo sarà inchinarsi al partito delle automobili e non chiudere, abbattere o cambiare destinazione al più folle dei progetti di viabilità che sfregia la città e inquina, attacca e lede i polmoni di due quartieri, la sopraelevata del Prenestino Labicano San Lorenzo? Non essendo elettorato del sindaco, ahimé, è probabile.

Questo Tempo non mi pare che stia segnando un nuovo corso per la città di Roma, ma solo una brutta piega.

lunedì 21 luglio 2008

Spazi temporali distorti


Venerdì 23 maggio, agognato ritorno a casa dopo una lunga settimana di lavoro fuori casa.
Sceso dal pullman che mi portava da Avellino a Napoli di fretta in furia, mi precipito alla biglietteria per cercare un posto sull'ultimo Eurostar a disposizione; impaziente attendo il mio turno in fila, conto i minuti (ne mancano ancora tanti), l'ansia è di trovare un posto.
Passo in rassegna le eventuali alternative, come "Tariffa Flexi, pago di più viaggio peggio ma viaggio" ma quando arriva il mio turno tutti i dubbi svaniscono, il posto è prenotato.
Tranquillo mi avvio al binario 3 di Porta Garibaldi.
Manca ancora del tempo, mi isolo con il mio ipod per concentrarmi su una delle venti-puntate-venti sulla vita di Gengis Kahn, la settima riascoltata per la terza volta perché mi sfuggono ancora le alleanze strette dai Borjigin. Quasi come una voce da un'oltretomba sgradevole e gracchiante mi arriva una voce "'eustr 9378 ...ardo ...ento..nti minuti"
Mi riscuoto, penso di aver compreso male, attendo il rilancio dell'annuncio, controllo sul sito viaggiatreno e tutto è confermato.
La rabbia mi assale non tanto per il ritardo (sono salito poi su un diretto che lemme lemme mi ha condotto a Roma Ostiense), quanto l'incapacità della biglietteria a leggere un dato che sicuramente avranno avuto sotto mano: se un comune cittadino inserisce un numero di treno e ormai gli sono riportati vita morte e miracoli, un addetto al sistema qualche dato in più lo avrà pure.
Ma facciamo che sia passata.
Invio la richiesta di rimborso (come indicato dal capotreno) e dopo un mese mi arriva una lettera in cui mi si riporta che il treno ha avuto sì 152,5 minuti di ritardo a destinazione, ma non sono attribuibili a Trenitalia e in particolare "157 minuti sono da attribuire ad eventi accidentali". In buona sostanza il treno è arrivato in anticipo di 4,5 minuti.

Lo spazio, i suoi ripiegamenti, le sòle del tempo: in qualche dimensione c'è chi si starà lamentando di essere arrivato quel giorno troppo presto. Noi no.

sabato 12 luglio 2008

Controcorrente Alternata


Siamo soli.
Soli come astri splendenti nel cielo. Soli come oggetti smarriti.
Da un lato esplodiamo di luce, dall'altro implodiamo di buio. In questo eterno pendolo tra solarità e solitudine procediamo alla ricerca di altri soli per creare il nostro universo, in un incontro con altre verità che ci porteranno al conflitto, alla condivisione alla confusione, qualsiasi senso si voglia dare a questi termini.
Iniziamo il viaggio e che l'oggi sia di saggezza per il domani.